Qui, dove “è assai il danno”

Se è già tedioso ascoltare qualcuno che promette, in campagna elettorale, quello che sa già di non poter mantenere, immaginate ora quanto sia deprimente guardare qualcuno, che non sa quali sono i propri limiti, proporsi come guida di uno schieramento politico. Al primo, ormai datato autocandidato sindaco della “rinascenza modugnese” (che molti reputano destinato a “lapocaliste”) negli ultimi giorni se ne sono aggiunti più di uno. Ultimo in ordine di tempo, l’autocandidato rappresentante unico del suo centrodestra. Anch’egli, come tutti gli altri, si dice sicuro di ottenere il numero di voti necessario per “concionare” dalla postazione centrale del consiglio comunale. Intanto, però, lui come gli altri, non riesce a presentare proposte precise ed iniziative concrete per la soluzione dei problemi della città. Sorge il dubbio che non ne siano capaci.

Sono anni che gli stessi, più o meno noti personaggi, si adoperano per rastrellare i voti necessari per raggiungere il proprio obiettivo esclusivo, il loro unico interesse: quello di apparire meglio di quanto sono.
Costituiscono aggregazioni più o meno numerose di loro sodali e si danno da fare per essere eletti come amministratori della cosa pubblica. Spesso si appoggiano a datati cartelli elettorali del territorio – o a segreterie provinciali che poco conoscono le problematiche della città – per stipulare accordi basati solo su promesse di reciproci scambi di favori. Per questo rifuggono il confronto diretto, evitano il “faccia a faccia” disertando gli incontri organizzati da quelle stesse forze politiche che vorrebbero rappresentare. Si rifugiano sui social sperando di fare “rete”, manco fossimo allo stadio. Si limitano ad occasionali apparizioni mediatiche, spesso ripetitive, nessun accenno nei loro discorsi a soluzioni per gli annosi problemi della città e ancor meno a programmi di indirizzo politico. Nessuna prospettiva di governo che esuli dal semplice “sono io il vostro candidato sindaco di  Modugno”.

Nessuna visione della città reale, discutono dei problemi solo con l’unico fine di parlar male degli avversari. Parlano dei responsabili del problema ma non di come risolverli. Non hanno nessun punto di vista politico – dal quale rivolgere uno sguardo di prospettiva sul lungo periodo – per migliorare la condizione socio-economica dei modugnesi. Sono per l’immediato presente, promettono e si affannano per recuperare antiche credibilità. Addossano ad altri la responsabilità della loro storica incapacità di mantenere le antiche promesse e contemporaneamente ne fanno altre. È questa la reale consistenza politica delle autocandidature alla guida dell’amministrazione modugnese. Non si preoccupano di guardare oltre l’oggi o, quando è già sera, il domani. Stanno ammorbando l’ambiente politico, cambiando semplicemente la fraseologia, senza affrontare mai la questione di fondo: cosa si deve fare perché Modugno torni a crescere? Il vero obiettivo della governabilità. Quali strade seguire per migliorare il benessere di tutti i modugnesi. Questo è il fine unico e ultimo al quale tendere per realizzare il buongoverno della città. Basta con gli sproloqui quotidiani, con l’effluvio di promesse a basso costo per abbagliare gli elettori già stanchi di tante chiacchiere.

I modugnesi, negli ultimi otto anni, hanno già sopportato una dose eccessiva di invettive e sorrisetti irridenti verso chi si adoperava per rimediare alle deficienze dell’amministrazione. Gli elettori sono ormai stanchi di ascoltare chi afferma di essere più bravo degli altri e non ha mai concluso nulla. Sanno della scarsa conoscenza di temi tecnici ed economici resa sempre più evidente da quanto affermano un giorno sì e l’altro pure, quando pontificano su tutto e tutti. Si propongono come unico rappresentante politico in grado di risollevare il livello del “vivere” della città e non si rendono conto di fare solo teatro a buon prezzo.

L’ultimo, in ordine di tempo, si è autonominato candidato di tutto il centrodestra dopo aver fatto venir meno proprio quel coordinamento delle forze politiche e associative che si riconoscono in quello schieramento. Ha deciso in completa autonomia di rappresentare un intero schieramento senza aver mai chiesto, evitando anzi, pur invitato, di incontrare le altre delegazioni politiche locali. Ora, sfacciatamente, è proprio lui ad accusare il centrodestra di averlo escluso dal percorso politico intrapreso, fatto di incontri con le altre forze politiche sane della città. Incontri finalizzati alla formulazione di una sintesi politica in grado di assolvere positivamente al compito che gli elettori affideranno nelle urne il prossimo mese di maggio.

Non a caso il suo autolesionistico approccio mediatico si è rivelato più una mossa da spettacolo teatrale, a beneficio dei suoi sodali, che una iniziativa politica di qualche spessore finalizzata a migliorare i rapporti tra le forze e gli elettori di centrodestra. Unico risultato di qualche rilievo è l’infuocata polemica con il datato “resuscitante modugnese”, come lui autoproclamatosi “ostetrico” unico del centrodestra che, però, a differenza del primo, perlomeno cerca di contribuire all’unificazione di quest’area politica, a dimostrazione purtroppo che a destra jè assà u’ dann”.

Ti candidi? no, grazie

Una premessa – non sono candidato e non mi candido(..erò) a nessuna carica pubblica. A questo punto saranno in molti a pensare «..e chi se ne frega?» un attimo, arrivo a spiegarlo.
Ieri sera, in rapida successione – nel giro di qualche ora – ho partecipato, nell’ordine:
alle 16.00 convegno di F.d’Italia nella sede di Bari;
alle 18.30 nel teatro Fava, al convegno della Lega di Modugno;
alle 20.00 incontro, in via Roma, con gli iscritti di F.d’Italia a Modugno ed infine
dalle 21.00 ho assistito, in via X marzo, all’incontro di Nicola Bonasia con i suoi sostenitori.

A questo punto quei pochi che sono arrivati a leggere fino qua penseranno «..e chi …» eccetera. Aspettate un altro attimo, l’ultimo, ora vi spiego chiedendovi, innanzi tutto, di concedermi il beneficio di un briciolo di credibilità. Pur partecipando con interesse a quegli incontri, la mia presenza è dovuta solo e soltanto a una semplice curiosità, a quella tipica “curiosità” degli anziani come me; di quelli che passano le ore, in piedi, dietro le transenne dei cantieri ad osservare gli altri che lavorano. Questo, anche se a molti non “glienepuòfregaredimeno”, per rispondere a chi si chiede e mi chiede il motivo della mia presenza a tali incontri.

Fine della premessa. Ora il motivo di quanto scrivo qui di seguito.
Come tutti gli anziani – che mentre osservano gli altri lavorare si formano una opinione – ieri sera il sottoscritto se ne è formata una in merito alla campagna elettorale che, di fatto, da ieri è partita a Modugno.

È mia opinione che per tutti gli elettori, il prossimo maggio, sarà difficile scegliere, fra i tanti nomi che circolano da tempo, chi votare come sindaco. Iniziando da quegli elettori che speravano in un ritorno, dopo 20 anni, di un centrodestra riunito. Dopo la dichiarazione ascoltata ieri sera che “la Lega a Modugno è pronta a guidare la città”, iniziano ad avere seri dubbi che ciò possa avverarsi.

Anche chi sperava in un centrosinistra unito rimarrà deluso, visto il “passo in avanti” di uno dei consiglieri comunali dell’attuale opposizione. Dopo un periodo lungo più di un anno e le innumerevoli schermaglie dialettiche fra i vari gruppi “di appoggio” dei candidati sindaco, qualche giorno fa, proprio il promotore del documento politico – approvato da (quasi) tutta la coalizione di centrosinistra – che prevedeva lo svolgimento delle elezioni primarie fra i vari candidati, ha fatto il “passo in avanti” informando gli elettori, con un comunicato stampa, della sua decisione di proporsi come sindaco senza passare dal vaglio delle primarie. La sua decisione, oltre ad aver creato scompiglio fra gli altri gruppi del centrosinistra (che diversamente dagli accordi preliminari hanno visto “cambiate” le carte in tavola) ha disorientato molti degli elettori e dei rappresentanti provinciali e regionali del suo partito di riferimento, il Pd. Nella sede locale del Pd, nelle scorse settimane, per evitare una tale lacerazione all’interno del partito, si sono succedute varie riunioni alla presenza degli organi statutari, con esito negativo. C’è da dire, però, che in molti, per “il bene del partito”, in queste ultime ore, stanno già cercando di spegnere tutte le polemiche per ricompattare il Pd.

Anche chi sperava di confrontarsi lealmente con gli altri candidati a sindaco utilizzando le “primarie”, visto il venir meno degli accordi sottoscritti, ieri sera ha riunito in una sala in via X Marzo i suoi sostenitori. Tanti. Erano tanti e non tutti richiamati solo dal “cognome” del candidato sindaco. Molti si sono detti soddisfatti dell’approccio avuto con il candidato di quella coalizione diventata ora di “centrosinistra-centro” e ne elencavano i motivi mentre cedevano il loro posto ad altri nella sala rivelatasi troppo piccola.

Anche chi sperava nella ennesima candidatura dell’attuale sindaco potrà dirsi soddisfatto: risale a qualche mese fa, infatti, la sua accettazione dell’invito a ricandidarsi che gli iscritti della sua associazione, all’unanimità, gli hanno rivolto.

Per gli altri nomi che venivano fatti circolare, a volte anche in forma riservata (!), non ci sono più notizie.

Resiste, al di là di ogni maldicenza e ironia, la candidatura più datata: quella del presidente di “Rinascita per Modugno”.

A lui e a tutti gli altri candidati vanno i miei auguri.

L’errore più grande di un sindaco?

Volerlo fare, a qualsiasi costo

Ci ha provato per oltre quaranta anni prima di riuscirci. Ci ha provato in tanti modi. Ha iniziato a provarci già nelle elezioni comunali del 1970. Appena ritornato a risiedere a Modugno, dopo il soggiorno grumese, si propose come capolista ai maggiorenti locali del PSI, partito in quei mesi già in quella fase di ringiovanimento dei quadri politici locali che avrebbe permesso di eleggere ben 10 consiglieri comunali ed un consigliere provinciale. Essendo stata scartata, qualcuno dice con qualche battutina ironica, la sua auto candidatura a capolista del PSI, pensò bene di rivolgere la stessa richiesta ai dirigenti locali dell’allora PCI, che aveva come segretario il compianto Prof. Nicola Sblendorio. Anche il PCI però si era avviato, in vista delle elezioni, a ringiovanire i quadri locali con persone e volti nuovi che non “somigliavano” alla figura dell’ex grumese e rifiutarono, qualcuno dice malamente, la sua proposta di investitura a capolista del partito. Fu allora che con un “coup de théâtre” aprì a Modugno una sede del PSIUP (Partito Socialista di Unità Proletaria), raccolse attorno e dopo di sé, nella lista, i nomi di altri 29 modugnesi e riuscì a farsi eleggere in consiglio comunale. In quella campagna elettorale, per rendersi familiare agli elettori, si peritò di farsi “vedere” nell’aula della scuola De Amicis, dove l’allora insegnante di scuola elementare Giuseppe Pantaleo, onest’uomo di destra, (fondatore a Modugno del Partito Monarchico) nelle ore serali, coadiuvato da vari giovani intellettuali di sinistra, gratuitamente, si dedicava alla “istruzione” di una dozzina di quelli che allora venivano chiamati “spazzini”. Il progetto educativo – visto l’approssimarsi della privatizzazione del servizio di spazzamento e raccolta rifiuti comunali – era finalizzato al raggiungimento, da parte di questi lavoratori, della licenza elementare che li avrebbe resi poi idonei all’assunzione come bidello nelle scuole comunali. Importa dire che l’apporto intellettuale dell’allora, ancora semplice, capolista del PSIUP, all’istruzione di quella dozzina di modugnesi, fu alquanto scarso e limitato alla propaganda elettorale.

Dismessa la toga da magistrato per raggiunti limiti d’età, dopo una brillante carriera che lo hanno visto impegnato come magistrato in indagini e sentenze clamorose al di fuori del territorio modugnese, nelle comunali del 2011, pur raccogliendo un considerevole numero di voti come candidato sindaco, non riesce a varcare la soglia del consiglio comunale. Tentativo invece riuscitogli due anni dopo, a distanza di oltre quarant’anni dal primo tentativo del 1970. Nel 2013, favorito dalla denuncia di tre anni prima di un imprenditore edile che ha causato il dissolversi di quella classe politico/affaristica ancora oggi impegnata nelle aule di tribunale a “difendersi” da pesanti accuse, compresa quella terribile di associazione a delinquere, finalmente raggiunge l’obiettivo: governare la città di Modugno.

Soddisfatta la sua ultradecennale aspirazione, però, i modugnesi in generale e i suoi elettori in particolare non gli hanno riconosciuto il ruolo al quale, probabilmente, più di tutti aspirava: quello di miglior sindaco della storia modugnese.

Gli anni trascorsi nella sua funzione di sindaco, lentamente ma crudelmente, hanno offuscato, nell’opinione pubblica, la sua immagine di difensore integerrimo della costituzione, della legge e della correttezza istituzionale. Causa principale di questo venir meno nella considerazione pubblica, la sua scarsa conoscenza dell’economia e della misura metrica: resta memorabile il suo paragonare, in un intervento in consiglio comunale, la grandezza di un trullo abusivo alla cuccia del suo cane; il suo considerare l’intera classe dei lavoratori dell’edilizia alla stessa stregua di banditi e stupratori; il suo voler costantemente classificare i suoi contestatori come mercenari al soldo della speculazione edilizia o al servizio di quella sinistra “preveggente” che fatto salvo il consenso elettorale che gli ha permesso di essere eletto come deputato nel 1994, non si è mai fidata della sua capacità di amministratore. Ora si avvicina la scadenza del secondo mandato, ha assicurato la sua ennesima candidatura a sindaco. Quanto a lungo potrà sopportare l’offuscamento di quella splendida immagine così duramente costruita nei lunghi anni di onorata carriera da magistrato?

Di Maio va, i “vaffa…” restano

Affermare che le dimissioni di Luigi Di Maio certificano solo il “fallimento” della dirigenza del movimento 5Stelle dimostra che i moderati – perlomeno quelli realmente tali – avevano e continuano ad avere “ragione” nel dubitare sulle “capacità” politiche della leadership grillina.
La totalità della responsabilità delle difficoltà del movimento sono da attribuire a Beppe Grillo in primis, insieme ai Casaleggio (più al figlio che al padre) e a Di Battista. Non è solo e tutta colpa di Di Maio se le percentuali di gradimento del movimento sono in caduta libera. Nemmeno sostituendolo con Vito Crimi, il coprotagonista di Bersani nel fallito tentativo di mettere su quello che sarebbe stato il primo governo giallorosso, renderanno meno traumatica tale perdita di voti.
Gli elettori 5Stelle hanno visto il “movimento” perdere quella “verginità” che lo rendeva elettoralmente attraente. Una degenerazione che si è manifestata in maniera ancora più evidente allorquando, abbandonati da Salvini – leader di una forza politica altrettanto “diversa” rispetto all’establishment – si sono alleati con l’antico nemico, il Pd; il partito che ai loro occhi rappresentava meglio di tutti gli altri quel sistema che volevano abbattere.
Il movimento è nato come forza politica non basata sulle ideologie che hanno caratterizzato il millennio scorso ma sulla volontà di abbattere il “sistema” di governo. Una verginità data dalla estraneità dei meetup dagli intrallazzi perpetrati nei palazzi del potere, una correttezza che permetteva di invocare ad alta voce “onestà!” nei loro comizi e manifestazioni. Molti elettori si sono resi conto che i loro rappresentanti eletti, contrariamente alle aspettative di tutti loro, hanno trasformato il movimento in un simulacro (fra l’altro malriuscito) di partito. In questi due anni di governo, i deputati e i senatori del M5S, pur essendo all’interno di quel sistema che combattevano, non lo hanno modificato minimamente, anzi, ne sono stati completamente assorbiti.
Il M5Stelle non è mai stato portato oltre la fase iniziale della sua costituzione, quando in tanti, uniti nelle piazze al grido di “onestà! onestà!” e dal proposito di “scatolettare” il parlamento, hanno dato vita ad un nuovo tipo di aggregazione politica, il Movimento, per andare contro il sistema dei partiti e ammodernare le istituzioni. Rimanendo sempre nella fase iniziale, addirittura istituzionalizzandosi e trasformandosi in un quasi partito, nel movimento sono venute meno gli stimoli emozionali. L’esaltante eccitazione di quelle prime manifestazioni è calata, appassita.

Questo porta a chiedere cosa o chi ha impedito al movimento di “maturare”. I leader del movimento di tempo a disposizione ne hanno avuto tanto. Stare però all’opposizione per 5 anni, tutto il tempo della legislatura passata, non è stato sufficiente per produrre una classe dirigente all’altezza. Si ha l’impressione che Di Maio e Di Battista, Beppe Grillo e i due Casaleggio, abbiano voluto mantenere il M5S così come era nella fase iniziale per garantirsi quella personale libertà di azione politica che, per tutti questi anni, hanno potuto mantenere solo grazie alla non organizzazione del movimento. Libertà di manovra politica che offre la possibilità di avvantaggiarsi tatticamente nel breve periodo ma che ha portato il movimento a pagare un grande prezzo con il passare degli anni.

Da tempo è iniziato il lungo elenco delle geremiadi degli elettori 5Stelle per un ritorno alle origini del movimento. Lamentele seguite dalle recriminazioni e dalle epurazioni di dissidenti e contestatori. Crisi del movimento ulteriormente rafforzata dal suo repentino successo elettorale. Dalle elezioni del 2013 in poi, sul movimento sono confluiti così tanti consensi che hanno permesso l’elezione di “personaggi” che non solo erano inidonei a rappresentarlo degnamente nei ruoli elettivi che sono andati ad occupare, ma che non avevano alcuna preparazione politica, né tantomeno – oltretutto per statuto – alcuna esperienza in strutture di partito; la loro indisciplina e i recenti e continui “cambi di casacca” in parlamento lo dimostrano.

L’epilogo (?) della carriera di capo del M5Stelle di Luigi Di Maio non deve portare i moderati a credere che i vaffa.. degli elettori del movimento, rivolti al sistema, siano svaniti. Sono moltissimi gli elettori del M5Stelle che hanno cambiato opinione sui capi e sugli eletti del movimento ma molte delle loro rivendicazioni, per i moderati di ogni tendenza politica, restano valide e condivisibili.

La politica degli accattoni

“Accattone” è il primo film da regista di Pierpaolo Pasolini. Franco Citti, l’attore “icona” dei lavori pasoliniani, impersonava il protagonista principale, l’accattone del titolo. Un personaggio abbietto, senza alcuna dignità, che viveva essenzialmente di elemosina, di espedienti, facendosi mantenere, senza alcuna vergogna, da una prostituta. Finita in carcere la sua mantenitrice, “accattone” cerca di sostituirla obbligando alla prostituzione la donna di cui si è invaghito. In un sussulto di tardiva dignità si mette in cerca di un lavoro ma continua a rubacchiare fino alla sua tragica morte in un incidente in moto mentre è inseguito dalla polizia.
Un finale tragico, conseguenza di una vita vissuta all’insegna dell’arrangiarsi nel modo meno faticoso possibile, meglio se a carico degli altri, di accattonaggio appunto. In ogni caso una scelta di vita frutto di una cronica mancanza di dignità, piena di livore e desiderio di vendetta verso gli altri.
Questa la trama del film. Cosa c’azzecca con la politica?
C’azzecca, c’azzecca. Come classificare la retorica e la prosopopea ascoltate durante la discussione della proposta presentata l’altra sera, in consiglio comunale, se non come la dimostrazione di una indecente mancanza di dignità? Come non può che dirsi “accattata” l’elemosina della “magnanima” elargizione della azienda proprietaria della ex cementeria? Lo hanno detto in aula: la compensazione è stata richiesta e concordata con la giunta comunale. Una compensazione, prevista per legge, fatta passare come una riuscita pretesa della giunta comunale; appunto un accattonaggio fatto con il cappello in mano rivolto verso chi invece, per legge, è obbligato a “pagare il disturbo”.
Ben vengano le aziende a investire sul nostro territorio se impiegano le nostre maestranze, se incrementano il reddito locale e le infrastrutture produttive. Se la realizzazione dell’impianto, in futuro, porterà anche tali benefici vorrà dire che hanno fatto bene i consiglieri comunali di minoranza ad approvare la proposta.
Ancora una volta però si è dimostrato impossibile per questa giunta e questa maggioranza assumere una retta “postura” fisica verso chi usa Modugno solo per i propri interessi. Non è sufficiente l’astensione per ribadire la propria rispettabilità.
Ancora una volta, all’ultimo momento – del resto le amministrative si avvicinano – gli ignari modugnesi vengono posti davanti ad una scelta già fatta.

Una prerogativa della politica degli accattoni.