Cinica partigianeria spacciata per solidarietà

Oh, nel prato un viburno rosso si è chinato in basso
Per qualche ragione, la nostra gloriosa Ucraina è nel dolore
E prenderemo quel viburno rosso e lo solleveremo
E faremo il tifo per la nostra gloriosa Ucraina, hey, hey
E faremo il tifo per la nostra gloriosa Ucraina, hey, hey

La solidarietà, insieme alla propensione all’uguaglianza, è l’innato sentimento su cui poggia la socialità umana. L’interdipendenza di tutti gli esseri umani, di tutti i popoli, è resa sempre più evidente dai mezzi di comunicazione che permettono di stabilire relazioni anche fra persone lontanissime e sconosciute. Siamo sempre più consapevoli delle enormi differenze dei livelli di vita fra i vari popoli. Sono note le forme di sfruttamento, di corruzione, di oppressione e disuguaglianza che gravano sugli esseri umani. Disuguaglianze sempre più nette anche fra gli abitanti delle stesse nazioni più avanzate oltre che con quelli in via di sviluppo. Situazioni che in mancanza di un impegno etico – sociale vengono sempre più ignorate o troppo spesso addirittura accettate con cinica indifferenza. Impegno etico – sociale totalmente assente, specialmente nel “mainstream” dell’informazione sinistrorsa italiana impregnata di faziosità oltre il limite della decenza. Finita, perlomeno sui media nazionali, l’emergenza Covid, li vedi oggi attrezzati con elmetti e giubbotti antiproiettili nelle città bombardate dell’Ucraina. Giusto, giustissimo, incentivare cortei e manifestazioni di protesta contro la guerra “fratricida” in Ucraina. Totalmente assenti, però, i conflitti che affliggono paesi e popoli altrettanto martoriati. Siria, Afganistan, Burkina Faso, Libia, Mali, Mozambico, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Sud Sudan, solo per citarne qualcuno. Guerre che spesso vedono contrapposti gruppi di religione diversa, o gruppi di etnia diversa, sempre però ignorate dalla stampa italiana. Stampa che, partigianamente, riserva le proprie attenzioni solo ai conflitti che coinvolgono gli interessi finanziari americani e delle multinazionali spesso proprietarie dei grandi giornali.

La solidarietà è la base della socialità umana, è una virtù morale, il fondamentale principio sociale che è alla base di tutte le costituzioni politiche, non solo di quella “più bella di tutte”. La solidarietà fra gli uomini e i popoli non è quella vaga compassione per i mali di qualcuno o commuoversi davanti allo schermo della tv. È l’impegno, fermo e determinato ad impegnarsi per il bene comune, per il bene di TUTTI; è virtù sociale perché si batte per la giustizia, a “darsi” per il bene del prossimo. Solidarietà, sempre, per l’autodeterminazione di TUTTI i popoli. Per gli ucraini al dissolvimento dell’URSS del 1989 così come per i russi del Dombass nel 2014. Regione a prevalenza russofona alla quale il governo di Kiev rifiuta di concedere l’indipendenza richiesta da un referendum popolare approvato dall’80% dei votanti.

Chi ha paura di Pippi Mellone?

A sinistra si autosospendono dal Pd, altri ancora, sempre dello stesso partito, prendono le distanze dalle dichiarazioni del presidente regionale “simpatizzante” del sindaco di Nardò. La nomenclatura della destra salentina, dopo la sconfitta alle provinciali causate dall’appoggio al campo avversario effettuato dal succitato sindaco, lo vede come un sasso nell’occhio.

Lui, Pippi Mellone, continua a mietere risultati positivi per la sua Nardò. Ha abbattuto un ecomostro ultradecennale; vieta il lavoro in campagna nelle ore più calde; mobilita 35 milioni di euro per rifare la città. Contraccambia l’amicizia extrapolitica di Michele Emiliano mentre continua a portare avanti tesi di destra sociale e apprezza, contemporaneamente, le rivendicazioni del movimento 5 stelle.

Qualcuno sa rispondere alla domanda iniziale?

FACEBOOK HA GIÀ PERSO STRADA

È passato solo un giorno e le belve tastierizzate hanno già dimenticato Gino Strada.

Ma chi era davvero costui? Per ovviare alla donabbondiana domanda, è senz’altro utile il ritratto che ne fanno quelli che lo conoscono davvero; come Cesare Mevoli.

“Io di Gino Strada ricordo soprattutto quando faceva parte negli anni ’70 all’Università di Milano dei picchiatori di sinistra del gruppo Katanga, gli stessi che colpivano tutti coloro che si opponevano alle loro proteste con la famosa chiave inglese di 45 centimetri, la Hazet 36.
Strada era soprannominato “Katanga” per il suo attaccamento alla causa, ed era il capo del Gruppo Lenin (un nome, un programma) che si distingueva anche rispetto alle altre formazioni teppiste e terroriste di sinistra per il rigido inquadramento ideologico e la lotta senza quartiere contro i fascisti, veri o presunti che fossero.
È con colpi di Hazet 36 che morì Sergio Ramelli, vittima di un agguato degli amici di Gino Strada e lasciato sul bordo della strada con la materia cerebrale che colava sull’asfalto.
Quei tempi e quella sinistra facevano talmente schifo (forse anche più di adesso, in quanto uccidevano con arroganza e impunità) che, quando durante una seduta consiliare del Comune di Milano si sparse la notizia che Sergio Ramelli era morto dopo diversi giorni di agonia, dai banchi della sinistra si levò un fragoroso applauso.
Questo basta a comprendere la caratura morale, prima ancora che politica, di quel tipo di personcine.

Io di Gino Strada ricordo soprattutto il forte attaccamento al problema immigrazione, quello che per anni, insieme ai suoi amici trafficanti delle Ong, ha garantito a sé stesso e ai suoi cari un lauto foraggiamento, cash a volontà.
Io di Gino Strada ricordo soprattutto quando in una intervista su La7 disse: – dobbiamo pensare ai poveri africani, fanculo agli italiani, stanno fin troppo bene, non sento minimamente di appartenere a questo popolo di idioti –
Io di Strada ricordo questo e tanto altro.
Lascio a voi i post smielati e le lecchinate, io non ci riesco proprio ad essere falso”.

 

Quando il “prezzo è giusto”?

“Maltempo, vola il prezzo delle ciliegie. Dai 20 euro al chilo di Milano ai 4 euro di Bari – Corriere.it”
In questi giorni si parla tanto del prezzo delle ciliegie; un argomento di grande rilevanza per noi pugliesi, produttori di ciliegie di alta qualità. L’argomento “giusto prezzo”, però, non ci vede direttamente coinvolti solo per le ciliegie. Penalizzati dalla grande distanza dai “consumatori finali”, gli agricoltori pugliesi sono “costretti” ad accettare il prezzo loro imposto dai vari intermediari, grossisti e trasportatori.

Ma qual è, potrebbe o dovrebbe essere il prezzo equo e giusto di tutto ciò che viene venduto e comprato, oltre ai prodotti agricoli? L’argomento, già nel XII secolo, attirò la mente del più grande tra i filosofi religiosi, San Tommaso d’Aquino (1225-1274), nato in Italia ma cittadino europeo. Il primo dei filosofi e studiosi religiosi passati alla storia con il nome di Scolastici.

L’impero di Roma era scomparso da secoli ma non la dedizione alla “santità” della proprietà privata, codificata e stabilita nel Diritto Romano. Proprietà privata già fonte di innumerevoli insurrezioni contadine contro il potere dei proprietari terrieri e della rivoluzione francese; “la rivoluzione” per antonomasia del diciottesimo secolo. L’epoca imperiale romana, però, aveva lasciato una eredità molto più importante: il cristianesimo.

Il Cristianesimo, operando ed ampliando la preesistente tradizione del diritto e dell’insegnamento ebraici, ha influenzato, con tre effetti di lunga durata, la civiltà occidentale. Il primo con l’esempio: Gesù, figlio di un falegname, mostrò che non esisteva alcun diritto divino che giustificasse i privilegi della nascita dei ricchi e aristocratici. Agli umili, che lavoravano con le mani, non era impossibile raggiungere “il potere” . L’umile artigiano che conquistò una così grande fama e autorità, ha costituito un esempio che ha influenzato il pensiero occidentale nei duemila anni successivi. Gesù, con la scacciata dei cambiavalute e degli usurai dal Tempio legittimò la rivolta contro il potere economico malvagio od oppressivo.

Il secondo effetto è stato realizzato tramite l’indicazione di un “giusto” assetto sociale: l’dea di eguaglianza di tutti gli uomini. Tutti sono eguali in quanto figli di Dio, quindi tutti di conseguenza sono fratelli; indistinguibili, tra loro, razza, sesso, provenienza. Perciò ecco la diffidenza verso la ricchezza, elemento di differenziazione tra fratelli, in quanto fonte di maggiore prestigio, potere e piacere solo per alcuni. Alle perplessità sulla ricerca della ricchezza si aggiungevano quelle a proposito dell’istituzione della schiavitù, che sono rimaste fino ai tempi moderni. Il proprietario di schiavi cristiano e il ricco devoto hanno spesso cercato ed ottenuto (pagando!) speciali supporti teologici per giustificare la loro cattiva condotta.

Il terzo effetto, quello più “a proposito” del giusto prezzo delle ciliegie, s’incentra sull’economia in generale e sulla percezione dell’interesse. Per Gesù e per gli apostoli, che parlavano con orgoglio del sudore della fronte, il lavoro doveva essere compensato con un salario giusto. Se gli introiti del proprietario terriero non erano oggetto di critiche severe, l’originaria dottrina cristiana condannava fermamente l’esazione di un interesse. L’interesse veniva considerato un’estorsione a carico dell’imprudente, del povero o dello sfortunato, oppressi da bisogni e obblighi che andavano oltre le loro possibilità.

Molte delle menti più innovative dei successivi 1800 anni si sono impegnate nella ricerca di una giustificazione all’esazione di un interesse sui soldi prestati. I dubbi sulla correttezza del prestare denaro non sono mai stati completamente eliminati. Ancora oggi chi presta denaro è un personaggio perlomeno discutibile, se non addirittura da confinare ai margini della comunità affibbiandogli la spregiativa etichetta di usuraio. Solo per evidenti convenienze, negli ultimi tempi, si evita di legare questa qualifica al nome dei banchieri.

San Tommaso intimò di rispettare con estremo rigore il divieto assoluto, per i credenti in Cristo, di percepire l’interesse. Nella “Summa Theologiae” analizzò, a proposito dello statuto morale del commercio in generale, «La frode che si commette nelle compravendite». La sua condanna del commercio non era assoluta; nelle sue riflessioni filosofiche egli afferma: «Ora, come nota [Aristotele], ci sono due tipi di scambi. C’è uno scambio quasi naturale e necessario: in cui c’è la permuta tra merce e merce, oppure tra merce e danaro, per le necessità della vita [ …] Invece l’altra specie di scambio è tra danaro e danaro, o tra qualsiasi merce e danaro: non per provvedere alle necessità della vita, ma per ricavarne un guadagno. [… ] Ebbene, secondo [Aristotele] il primo tipo di scambio è degno di lode: poiché soddisfa a una esigenza naturale. Il secondo invece è giustamente vituperato»

Nel medioevo i mercati erano regolamentati da “venditori” riuniti in corporazioni; un elemento fortemente caratteristico della vita economica di città e paesi grandi e piccoli. Le corporazioni avevano numerosi obiettivi da raggiungere; innanzitutto esercitare un’influenza politica tramite la regolamentazione dei prezzi e dei salari dei lavoranti. A tale scopo garantivano l’onestà degli addetti e la qualità delle merci e delle lavorazioni. Si occupavano anche della sicurezza dei luoghi e promuovevano le occasioni d’intrattenimento collettivo come le fiere tenute in concomitanza di eventi e celebrazioni religiose.

Nel contesto medievale, il “prezzo” era determinato dalla capacità di contrattazione delle parti per raggiungere un accordo soddisfacente per entrambi; usanza oggi (purtroppo?) andata perduta. Raramente il, cosiddetto oggi, “prezzo di mercato” era predeterminato da qualche autorità o dalla assenza di concorrenza fra venditori. Era comunque chiara la disparità di potere contrattuale tra le parti, dovuta alla maggiore o minore misura di potere monopolistico determinato dalle corporazioni.

Queste situazioni di monopolio attirarono l’attenzione di San Tommaso d’Aquino, come già in Aristotele, sulla questione del prezzo equo o giusto. «Usare la frode per vendere una cosa a un prezzo più alto del giusto è sempre peccato. [… ] E quindi vendere a più o comprare a meno di quanto la cosa costa è un atto ingiusto e illecito». Applicare, chiedere, un prezzo equo era dunque ingiunto come un obbligo religioso al quale il cristiano doveva attenersi. Trasgredire comportava la condanna morale da parte della comunità e la punizione nel mondo perpetuo dell’aldilà.

Il concetto del giusto prezzo sopravvive ancora oggi; viene considerato equo o accettabile in quanto frutto di una libera contrattazione fra individui di pari dignità. Oppure esoso e ingiusto quando imposto da individui eccessivamente avidi che meritano l’accusa implicita di essere sfruttatori e profittatori.

Ciò che però neanche San Tommaso riuscì mai a stabilire sono le modalità con le quali è possibile determinare aprioristicamente un prezzo equo e giusto. Questa rimane una materia su cui compratori e venditori, pur se virtuosi cristiani osservanti, tenderanno, irresistibilmente, ad avere opinioni diverse.

Una consulta per le attività produttive

 

I dati sull’andamento economico della maggior parte delle aziende presenti nel territorio Modugnese sono allarmanti. Il settore, già in crisi da anni, vede aumentare lo stato di sofferenza a causa della pandemia e degli ultimi dispositivi normativi sul fenomeno emergenziale. Alla luce di quanto accade risulta di fondamentale importanza avviare, con la massima urgenza, un confronto tra l’amministrazione pubblica e il settore delle attività produttive.

Un confronto/raccordo tra l’amministrazione locale e le varie associazioni di categoria che favorisca le azioni e le soluzioni proposte dal mondo produttivo. È nel programma politico di questa amministrazione la costituzione delle consulte cittadine al fine di favorire e garantire equità, democrazia e trasparenza nelle attività istituzionali.

È del tutto evidente che la costituzione di una Consulta per le Attività Produttive agevolerebbe il superamento delle difficoltà che gravano sulle categorie produttive. Artigiani, commercianti, ristoratori, operatori turistici e dei servizi, agricoltori, attendono con fiducia questa “prima pietra” sulla quale sviluppare le sinergie utili alla salvaguardia dell’economia modugnese. Con la Consulta l’amministrazione avvierebbe il positivo confronto con le associazioni di categoria sulle misure più opportune per la difesa di tanti posti di lavoro

La consulta, strumento di conoscenza delle realtà e dei bisogni locali, agevolerebbe l’Amministrazione nella elaborazione di politiche di promozione e di sviluppo delle attività economiche. Promuoverebbe la ricerca di finanziamenti, l’elaborazione di progetti, incontri, dibattiti e iniziative mirate alla crescita dei settori del commercio e delle attività produttive in genere.

Sarebbe uno strumento prezioso, un interlocutore propositivo e consultivo per conoscere le problematiche dei commercianti, degli artigiani e delle attività turistiche e ricettive del territorio. Inoltre, in discontinuità con le passate amministrazioni, la consulta riporterebbe lo sviluppo dei settori produttivi, da troppo tempo trascurati, al centro della discussione politica. Una Politica vera, quella con la P maiuscola, quella che mette in campo tutte le energie per agevolare l’impegno di chi genera lavoro nel territorio.