Il malato è immaginario oppure no?

‘Il malato immaginario’di Molière, catapultata negli anni 70 è stata rappresentata dalla Compagnia ‘L’Occhio del Ciclone Teather’ nel Granteatrino Casa di Pulcinellla, all’Arena della Vittoria di Bari. Le serate del 12, 13, 19, 20 e 21 febbraio, hanno realizzato una notevole presenza di pubblico. L’opera seicentesca è stata adattata da Gianfranco Groccia e Giambattista De Luca. Groccia ne ha curato la regia e la scenografia, ponendone l’ambientazione in un periodo storico molto più vicino a noi. Circa 75 minuti di una scorrevolezza di immagini, mimica, versi, suoni, che ruotavano attorno ad un ipocondriaco Argante, il personaggio principale, interpretato egregiamente da Lino De Venuto, attore poliedrico che ha portato il suo personaggio ad uno sviluppo verticale di emozioni intrise di una comicità dai tratti compassionevoli. Quest’uomo di mezza età, Argante, non esita ad imporre a sua figlia Angelica (Anna Volpicella), pena il convento, Tommaso Diaforius (Giambattista De Luca) come marito, poiché figlio del Dottor Diaforius (Enrico Milanesi), uno dei suoi ‘Dottori’, – come li chiama lui – il cui padre,  insieme alla Dottoressa Purgon (Cristiana Ruggieri), sono quelli che gli salveranno la vita, se solo gli vivessero accanto. Angelica però non acconsente, anche perché è innamorata di Cleante (Maurizio De Vivo) e si ritrova pure contro la matrigna Belinda (Ornella Legrottaglie), che pur di accaparrarsi l’eredità del marito, finge sfacciatamente in qualunque occasione. Solo il fratello Beraldo (Michele Scarafile), grazie ad uno stratagemma e con l’aiuto della fedele cameriera Tonietta (Antonella Ranieri), riesce a far inscenare ad Argante la sua morte, in modo da verificare la veridicità dei sentimenti dei suoi parenti. Argante scaccia la perfida Belinda, chiedendo perdono alla dolce Angelica e ringraziando Tonietta e suo fratello.
All’insegna di una satira sulla Medicina, che dal 1673 ad oggi, a quanto pare, non è per niente in time-out; in un periodo storico in cui anche la satira non è più tollerata, essa, quasi un diritto del pubblico, veicolato da un attore e, questo fin dai tempi degli antichi Greci, Il Malato Immaginario, opera satirica dai toni altalenanti tra fiducia e diffidenza, anticipa (o conferma?) in tempi non sospetti, le insicurezze e le paure dell’uomo, il suo affidamento alle ‘cure’, alla simulazione e dissimulazione dei vari esperti-dottori-guaritori-terapeuti, figure presenti anche nella nostra società moderna, nella quale la fusione tra originali e fotocopie, ci porta spesso ad una scelta obbligata: meglio le terapie o gli stessi mali?   

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