I duecento giorni di campagna elettorale a Modugno

Non sono mille, come i giorni necessari a Renzi per cambiare l’Italia, o quattrocento come quelli che Giovanni Guareschi trascorse in carcere, rimanendo uguale a se stesso, mentre il belpaese cambiava. Non sono neanche trecento come quelli che Alex Bellini ha impiegato per attraversare a remi l’oceano Pacifico preoccupandosi solo dei cambiamenti climatici, ma i duecento giorni che ci separano dalla terza consultazione comunale in quattro anni si annunciano come un periodo intasato dai propositi e dalle promesse di cambiamento dei già numerosi candidati a sindaco. Nei vari gruppi, associazioni e circoli variamente politicizzati o politicanti della città è già iniziata la corsa a chi arriva primo a candidarsi come sindaco. Notevole il fermento per definire le strategie e le alleanze idonee per la conquista di palazzo S. Croce. Personaggi pervasi dalla fregola elettorale tornano ad assicurare i propri sodali sulle loro innate doti taumaturgiche. Come tanti Cagliostro spargono al vento profezie elettorali occultandole in oscure frasi colme di allusioni a notizie e fatti di loro esclusiva conoscenza. Si annunciano iniziative liberatorie, innovazioni egualitarie, ritorni all’antico splendore, rivendicazioni identitarie. Si promettono amori eterni e sicure prebende in cambio di una semplice scritturazione, segreta, quella di un cognome sulla scheda elettorale.
Siamo, ancora una volta, in campagna elettorale.
Si ha l’impressione però che gli avvenimenti degli ultimi anni non abbiano insegnato nulla.
Nessuno si preoccupa di analizzare i motivi che hanno spinto una larga parte dell’elettorato modugnese a preferire l’intransigente Magrone al moderato Fragassi nel ballottaggio dello scorso anno; nessuno si preoccupa di capire cosa realmente occorre fare per rimediare al tanto discusso problema urbanistico; quali sono le urgenze reali; quali sono le cose che è possibile fare.
Negli oltre quaranta programmi politici presentati dai vari candidati a sindaco degli ultimi 20 anni erano previste sempre le stesse cose, elencate in maniera diversa o scritte con diversa enfasi ma essenzialmente erano sempre e soltanto le stesse cose: promesse. Ben poche di quelle promesse sono state poi realizzate dai 5 sindaci eletti. Perché?
C’è qualcuno che si preoccupa di stilare un programma realizzabile? Che parli di benessere comune come sommatoria del benessere di tutti e non del bene comune che fa comodo solo a quelli che lo rivendicano?
C’è qualcuno che si preoccupa di sapere quanti sono i disoccupati a Modugno? E quante sono le famiglie in difficoltà? Quante sono le industrie del territorio, gli artigiani, i commercianti in crisi? Di cosa hanno bisogno gli anziani, i ragazzi, le famiglie?
Magrone nel giro di pochi mesi non aveva più la maggioranza, perché? Quali sono i veri motivi? Ora che l’urbanistica è ancora bloccata non c’è nessuno, fra chi lo contestava dentro o fuori palazzo S. Croce, che ammette di aver sbagliato a non dirgli “va bene, hai ragione, cerchiamo di rimediare nel minor tempo possibile, tutti insieme, ricordati però, Magrone, che il tuo voto vale quanto quello di ognuno degli altri consiglieri comunali”. Nemmeno Nicola Magrone ha il coraggio di ammettere la sua insufficienza in “amministrazione politica” resa evidente dalla sua propensione ad emulare quei personaggi dei quali Ignazio Silone così parlava con Indro Montanelli:“Ciò che mi colpì nei comunisti russi, anche in personalità veramente eccezionali come Lenin e Trotsky, era l’assoluta incapacità di discutere lealmente le opinioni contrarie alle proprie. Il dissenziente, per il semplice fatto che osava contraddire, era senz’altro un opportunista, se non addirittura un traditore e un venduto. Un avversario in buona fede sembrava per i comunisti russi inconcepibile” e così, arroccato nella sua “Fortezza Bastiani”, in attesa delle future vittorie politiche, l’ex sindaco si addestra, insieme ai suoi sodali, nella difficile arte dell’amministrazione cittadina.

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