GOVERNO IMBROGLIONE

 

 

Pubblichiamo un articolo sulla I.M.U. dell’assessore alle finanze del comune di Modugno dott. Paolo Marra

 

I.M.U. sta per Imposta Municipale Unica, ma stranamente, quando la si indica per esteso, viene definita Imposta Municipale Propria, Principale, Sperimentale ecc. 
Ed infatti, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è un’imposta unica e, soprattutto, non è un’imposta municipale.
Invero con il Decreto Legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 (il decreto sul c. d. federalismo fiscale) è istituita, con decorrenza originariamente prevista dal 2014, l’imposta municipale in sostituzione dell’I.C.I. e, per la componente immobiliare, dell’IRPEF dovuta in relazione al possesso di redditi fondiari rivenienti da beni non locati, mentre per i redditi rivenienti da beni locati l’IRPEF continua ad applicarsi sia pure con qualche agevolazione.
Con il medesimo decreto è prevista, sempre con decorrenza dal 2014, anche l’imposta municipale secondaria in sostituzione della tassa e del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, dell’imposta comunale sulla pubblicità, dei diritti sulle pubbliche affissioni e del canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari.
Dall’imposta municipale di cui al Decreto Legislativo n. 23 è espressamente esclusa l’abitazione principale e le relative pertinenze.
Successivamente, con l’art. 13 del Decreto Legge n. 201 del 6 dicembre 2011 l’imposta municipale viene anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall’anno 2012 e per il 2013 ed il 2014 e, quindi, l’imposta municipale non sperimentale viene posticipata al 2015. Ed è la prima sorpresa.
Seconda sorpresa, ben più sgradevole: l’imposta si paga anche per il possesso dell’immobile che costituisce l’abitazione principale.
Terza sorpresa: le rendite dei fabbricati sulle quali si calcola la base imponibile del tributo vengono considerevolmente aumentate; ad esempio quella dei fabbricati normalmente adibiti ad uso abitativo viene incrementata di circa il 60%.
Ed, almeno per il momento, permangono tutte quelle altre imposte comunali che sarebbero state eliminate con l’introduzione dell’I.M.U.. Altro che imposta unica!
Si capisce immediatamente che, rispetto all’I.C.I., non solo torna la tassazione sulla propria casa, ma v’è anche un aggravio considerevole dell’imposizione.
Tanto più che il Decreto Legge 201 regola poi anche una serie di situazioni specifiche che si risolvono tutte a danno dei contribuenti.  
In fondo però, i cittadini, resi finalmente edotti dello stato in cui versano le pubbliche finanze e della necessità di una diffusa contribuzione alla soluzione del problema, forse se ne faranno una ragione, pur lamentando – sia ben chiaro – la palese iniquità del tributo che finisce come al solito per colpire non i più facoltosi, ma semplicemente i più esposti alla tassazione.
Ciò che, invece, appare del tutto inaccettabile è il caos legislativo che, lungi dal precisare le modalità di applicazione della nuova imposta, sta suscitando gravissime incertezze innanzitutto nei contribuenti, sicuramente meritevoli di maggior rispetto, ma pure negli enti locali che dovranno gestire il tributo.
E le perplessità, anziché diminuire, aumentano perché non passa giorno senza che qualche ministro, sottosegretario o qualche parlamentare non proponga, più o meno ufficialmente, una sua personalissima ipotesi di correzione.
Ora, nel tentativo di assicurare un minimo di certezza almeno nell’immediato, è previsto il versamento dell’acconto I.M.U. determinato sulle aliquote di base dell’imposta stabilite con il citato Decreto – Legge 201 e cioè 0,4% per l’abitazione principale e 0,76% per gli altri beni immobili.
Poi, entro il 30 settembre, i Comuni potranno modificare le aliquote e le detrazioni secondo le proprie esigenze di bilancio ed, entro il 10 dicembre, lo Stato potrà stabilire le aliquote definitive dell’imposta il cui saldo dovrà essere versato entro il 16 dicembre. Sino ad allora non v’è certezza sull’effettivo esborso che dovranno sopportare i cittadini e, di conseguenza, non v’è certezza nemmeno sulle entrate che affluiranno nelle casse dei comuni.
Sempre che, nel frattempo, non spunti qualche altra ipotesi di correzione, peraltro assai probabile a voler dare ascolto ai vari esponenti politici nazionali, improvvisamente divenuti paladini dell’equità.
Costoro, fra l’altro, nel tentativo di attribuirsi il merito di aver escogitato una qualsiasi agevolazione a favore di questa o di quella categoria di contribuenti – in genere agevolazioni soltanto teoriche – spesso dimenticano le più elementari esigenze finanziarie dei comuni, che di quelle risorse hanno necessità per poter programmare la propria attività e, di conseguenza, per garantire servizi adeguati alla comunità.
Si diceva che l’I.M.U. non è un’imposta comunale. Infatti, relativamente ai beni immobili non costituenti abitazione principale una buona parte dell’imposta viene versata direttamente allo Stato e precisamente la metà del gettito calcolato sull’aliquota base, mentre, con riferimento all’imposta applicata sulla rendita dell’abitazione principale, vero è che la stessa viene effettivamente trattenuta dai Comuni, ma lo Stato riduce in misura corrispondente i trasferimenti erariali, ossia le risorse che lo Stato trasferisce ai comuni per consentire loro di finanziare i servizi pubblici locali di cui abbisognano i cittadini.
E questo è l’effetto del c.d. federalismo fiscale di stampo leghista, cioè di quella forza politica che, per intendersi bene, nelle adunanze di partito inneggia alla secessione; esattamente il contrario del federalismo che, come la storia insegna, i popoli li ha uniti, non li ha divisi.
Ma c’è di più.
C’è la normativa sul Patto di Stabilità Interno, in vigore già dal 1999, che di fatto costringe i comuni ad incrementare ogni anno l’avanzo di amministrazione ed, ancor più specificatamente, ad incrementare le giacenze di cassa, ossia i soldi depositati in banca presso la tesoreria.
Il caso del Comune di Modugno è emblematico.
Avendo dovuto conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti dalla suddetta normativa per evitare le pesantissime sanzioni previste in caso di mancato rispetto del Patto, il Comune di Modugno fa registrare un avanzo di amministrazione al 31 dicembre 2011 che supera i 9 milioni di euro, quasi 3,4 milioni di euro in più, ossia circa il 60% in più, rispetto all’avanzo risultante dal consuntivo 2010 che fu pari a 5,7 milioni di euro.
Si chiaro: questo non è mero un dato contabile.
Esso consta in buona parte di effettive disponibilità finanziarie; per intendersi ancor meglio è fatto di saldo attivo di conto corrente, a cui vanno ad aggiungersi i residui attivi ed a sottrarsi i residui passivi, e cioè i crediti ed i debiti dell’ente.
Ebbene, le sole disponibilità finanziarie, i soldi in cassa al 31 dicembre 2011, certificate dal tesoriere, ammontano ad € 5.732.390, ossia il 68% in più rispetto alle disponibilità finanziarie registrate al 31 dicembre 2010 nell’ammontare di € 3.412.398.
Risultato tanto più significativo se si considera che contestualmente all’aumento delle disponibilità finanziarie si è registrata la diminuzione dei debiti, passati da oltre 20 milioni di euro, registrati al 31 dicembre 2010, a poco più di 17,5 milioni di euro, registrati al 31 dicembre 2011.
Non è affatto vero, quindi, che tutte le pubbliche amministrazioni, soprattutto al sud, accumulano ritardi nei pagamenti ai propri creditori; almeno non lo è per il Comune di Modugno che, infatti, non ha mai fatto ricorso, come succede in altri comuni, allo “stop ai pagamenti” in corso d’anno pur di raggiungere il saldo finanziario d
eterminato in funzione del patto di stabilità. Sarebbe stato un falso rimedio poiché, com’è evidente, i pagamenti non eseguiti nell’anno ce li si ritrova nell’anno successivo.
Invece, la gestione finanziaria del 2011, rispetto a quella del 2010, fa registrare l’aumento dei pagamenti sia in conto residui, sia in conto competenza, reso possibile dall’aumento delle riscossioni sia in conto residui, sia in conto competenza.
Insomma, il consuntivo del Comune di Modugno potrebbe suscitare entusiasmo perfino nelle più severe società di rating.
Ma nessun entusiasmo può suscitare nell’amministrazione comunale costretta a rendersi conto che per conseguire quell’obiettivo – giova ripeterlo: imposto per Legge – ha dovuto affrontare non poche difficoltà nella offerta di servizi alla cittadinanza nonché la drastica battuta d’arresto sul fronte degli investimenti in opere pubbliche.
Come se il comune di Modugno non avesse necessità di strutture scolastiche, di impianti sportivi, di contenitori culturali, di una rete stradale meglio manutenuta, di investire nello efficientamento energetico o nelle strutture tecnologiche ecc.
E senza bisogno di aver studiato Keynes, ognuno può ipotizzare quanto beneficio avrebbe ricavato l’economia modugnese, soprattutto in termini occupazionali, se solo il Comune avesse potuto investire i suoi 9 milioni di euro in lavori pubblici con il conseguente volano innescato dalla circolazione di una così rilevante massa di danaro. E sottolineando “i suoi 9 milioni di euro” si intende ribadire che, così operando, il Comune di Modugno non avrebbe in alcun modo incrementato il debito pubblico.
Se avesse sostenuto spese d’investimento, anche utilizzando il proprio avanzo di amministrazione, le conseguenti spese avrebbero ridotto il saldo finanziario al di sotto del saldo obiettivo e, quindi, avrebbe violato il patto di stabilità e, quindi, avrebbe subito pesantissime sanzioni.
Gli obiettivi di cui al Patto di Stabilità vanno centrati anche nel 2012 e, conseguentemente, il relativo bilancio di previsione è stato predisposto in modo tale da far si che non solo le entrate coprano le spese, com’è logico che debba essere, ma anche che fra entrate ed uscite di cassa resti un saldo positivo di 2,6 milioni di euro. Questo è l’obiettivo finanziario del Comune di Modugno per il 2012 che si tradurrà in un più o meno analogo aumento dell’avanzo di amministrazione e della giacenza di cassa.
Certo non è detto che per raggiungere questo obiettivo bisogna necessariamente aumentare le entrate e quindi il prelievo tributario; si possono anche ridurre i costi.
Peccato che, almeno nel caso del Comune di Modugno, le spese sono quasi tutte obbligatorie o meglio, essendo in prevalenza spese contrattualmente previste, potrebbero si ridursi, ma non in tempi brevi. Occorre attendere la scadenza dei contratti ed eventualmente cercare di stipularne di nuovi a condizioni più favorevoli fermo restando che, laddove possibile, si interverrà sin da subito per la riduzione delle spese.
Ma i problemi non si risolvono riempiendosi la bocca di termini anglosassoni quali “spending review”. La sostanza cambia solo se, molto più banalmente, si affronta un serio processo di revisione e di razionalizzazione delle spese svolto all’insegna di ciò che per un amministratore di danaro pubblico dovrebbe rappresentare l’undicesimo comandamento: non sprecare risorse che appartengono ai cittadini.
Al momento, a voler essere realistici, appare oltremodo difficile ipotizzare il raggiungimento dell’obiettivo finanziario imposto dalla legge senza ricorrere all’innalzamento dell’aliquota I.M.U., ma non certamente quella sulla casa.
Appare evidente, quindi, che il rilevante incremento dell’imposizione connessa alla introduzione dell’I.M.U. non è affatto finalizzato a finanziare un pari incremento quali – quantitativo dei servizi pubblici locali per i cittadini, ma, da un lato, a sopperire alle drastiche riduzioni dei trasferimenti dello Stato in favore dei comuni e, dall’altro lato, a creare disponibilità di cassa tanto rilevanti, quanto inutilizzabili. Questo è ciò che pretendono le disposizioni sul Patto di Stabilità.
Gli addetti ai lavori già da tempo si interrogano perplessi sul senso di queste disposizioni, soprattutto dopo il varo del c.d. Federalismo fiscale che, almeno nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe espandere l’autonomia finanziaria degli enti locali, non comprimerla.
La risposta è giunta con il decreto legge n. 1 del 2012 e precisamente con l’art. 35 comma 9, che così recita: “Entro il 29 febbraio 2012 i tesorieri o cassieri degli enti ed organismi pubblici … provvedono a versare il 50 per cento delle disponibilità liquide … presso la tesoreria statale. Il versamento della quota rimanente deve essere effettuato entro il 16 aprile 2012.”
Il cerchio si è chiuso.
Il Governo attualmente in carica, in piena continuità con il precedente Governo, ha incrementato in misura rilevantissima la tassazione sui beni immobili, reintroducendo anche quella sull’abitazione principale, al solo scopo di costringere i Comuni ad aggiungere ulteriori giacenze di cassa a quelle che, se non si possono spendere, sono evidentemente già sovrabbondanti. Dette disponibilità finanziarie sono formalmente del Comune, ma sostanzialmente verranno utilizzate dall’amministrazione centrale.
I comuni italiani dall’introduzione dell’I.M.U. non ne ricavano alcun beneficio, anzi si ritrovano nella singolare posizione di chi è chiamato a rastrellare dalla propria comunità risorse finanziarie che altri gestiranno.
Magari qualcuno spiegherà poi come tutto questo si concilia con il federalismo.
Una volta si diceva: piove? Governo ladro. Oggi, a giusta ragione, si potrebbe dire: piove o non piove, Governo imbroglione.

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