Donne uccise in quanto tali: l’8 marzo c’è ben poco da festeggiare

festa della donnaIn Italia una donna su tre (tra i 16 e i 70 anni) almeno una volta nella vita ha subito violenze fisiche o sessuali. Secondo i dati Istat sono quasi 7 milioni. La violenza si consuma all’interno dei rapporti di coppia (l’ultimo in ordine di tempo: il 34enne di origini modugnesi che ha ucciso ex moglie, figlia, fidanzato e un amico della donna), tra le mura domestiche ma anche sul lavoro, sotto forma di ricatto. Dati per niente confortanti: descrivono una situazione che va deteriorandosi a discapito della sicurezza delle donne. Il “femminicidio” non ha mai conosciuto soste. Il corpo delle donne è sempre stato oggetto di bottino di guerra, sfruttamento e violenza da parte degli uomini. Nel terzo millennio, nonostante i grandi passi avanti nel rapporto uomo-donna, sono ancora molte le facce di una violenza che non ha confini. Da quella sul lavoro a quella domestica, dall’infibulazione a pratiche orribili come il femminicidio e la tratta. Nel 2010 le donne uccise in Italia (nella maggior parte dei casi, per mano dei mariti, partner o ex fidanzati (solo in un caso su 10 è opera di sconosciuti) sono state 127, il 6,7% in più rispetto all’anno prima. Numeri in costante aumento dal 2005: dal 2006 al 2009 sono state 439 le vittime. Nel nostro Paese ogni tre giorni una donna viene uccisa dal partner. Dai dati della Polizia e dell’Istat emerge che una donna su quattro subisce violenza almeno una volta nella sua vita, con un aumento del 300% del fenomeno (dati Eurispes).

Una strage silenziosa a cui si applica il termine di “femminicidio”, vale a dire ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna in quanto tale. Psicologica, sociale, fisica, fino alla morte: una violenza continua che nel nostro Paese continua a mietere vittime per fattori culturali, quando si considera la donna come un oggetto di proprietà e chiunque, padre, marito e figli, decidono della sua vita. Il contesto italiano è ancora patriarcale e incentrato sulla famiglia: per questo troppo spesso la violenza domestica non viene percepita per quello che effettivamente è, un reato. In tutto questo non aiuta un quadro giuridico frammentario e l’inadeguatezza delle indagini, delle sanzioni e del risarcimento alle vittime. In Italia basta troppo poco per stroncare una vita. Tanti i casi che ci riporta la cronaca, troppi invece quelli che rimangono nel silenzio. La situazione testimonia la presenza di un problema e un disagio molto forte da parte delle vittime, che richiedono una preparazione specifica da parte degli avvocati e delle forze dell’ordine che rispondono alle loro richieste di giustizia. Qualcosa però è cambiato: l’introduzione del reato di stalking ne è un esempio, ma ad un passo avanti ce ne sono almeno centro indietro. Un esempio è la recente sentenza della Cassazione: ha stabilito che per il reato di stupro di gruppo il carcere come misura cautelare non è più obbligatorio. Occorre dunque tenere sempre alta l’attenzione verso un fenomeno mascherato, sottaciuto, trattato con fredda ironia.

L’8 marzo si celebra la festa della donna: trascorrerà tra numerosi simboli ma, in realtà, c’è ben poco da festeggiare. Per denunciare e combattere le molteplici e brutali forme di “femminicidio” non basta solo una giornata ma un impegno vero che duri 365 giorni (nel caso del 2012 avremmo un giorno in più a disposizione).  Il rischio reale e concreto, è che se ne parli solo due volte l’anno: alla giornata internazionale contro le violenze sulle donne e l’8 marzo. Poi, inesorabilmente il sipario cala, le luci si spengono e tutto ricomincia normalmente, come se niente fosse, anzi quasi fosse la normalità, purtroppo.

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