Al voto, al voto, torneremo tutti al voto

“L’importante non è partecipare ma vincere”, per mantenere il potere; questo il vero obiettivo di tutte le elezioni “pseudodemocratiche” alle quali siamo chiamati da chi ha vinto quelle precedenti. Non c’è niente di “democratico” nell’eleggere candidati scelti – prima del voto – da personaggi influenzati e collusi con il potere. Il governo del popolo, la democrazia di cui tanto parlano senza essersi prima “sciacquato la bocca” (frase di moda oggi) prevedeva – al suo nascere – l’eleggibilità di ogni elettore. L’elezione di “rappresentanti” che a loro volta eleggono, scegliendoli fra loro stessi, rappresentanti di un livello più alto, è tutto fuorché democratico. La democrazia non può essere rappresentativa; quando sono solo gli eletti a decidere per tutti non è il popolo che decide ma una minoranza che, come la storia insegna, raramente agisce esclusivamente per il popolo. Che sia impossibile consultare ogni volta tutto il popolo è il motivo per cui si “scelgono” le persone alle quali demandare una parte del potere popolare; ma se il popolo demanda una parte del proprio potere vuol dire semplicemente che il “cràtos” popolare è limitato e pertanto se non tutto il potere è del “démos” non può esserci “democrazia” ma solo aristocrazia. Aristocrazia che, nei secoli, ha esautorato il popolo da ogni potere proprio con le leggi elettorali. L’unica facoltà ironicamente lasciata al popolo è di eleggere il proprio gruppo di “aristocratici governanti” scegliendo fra una moltitudine di gruppi uguali, in un modo scelto e imposto da loro. Quali sono gli aristocratici eletti, con questa legge elettorale, lo vediamo ogni giorno. Quello che succede dopo ogni elezione fa tornare in mente una poesia di Jacques Prévert “L’organo di Barberia “. Se la cambiamo un pò, diventa così:

Io sono di destra uno diceva
E io di sinistra l’altro diceva
Io di centro io di sinistra-centro io centro-centro
io giovane… io centrodestrasenzatrattino … io sono bella …
Gli uni e gli altri parlavano parlavano
parlavano di quello che dovevano fare.
Non si faceva politica tutti quanti parlavano
parlavano parlavano
mai nessuno per il popolo lavorava
ma in un angolo un uomo stava zitto:
« E voi signore che politica fate voi che state lì zitto e non parlate? » gli chiesero i politicanti.
« Io parlo alla gente e dico che di voi si può fare anche senza»
disse l’uomo che fino a quel momento
non aveva fiatato
e poi si fece avanti con la sua favella
e attaccò tutti i politicanti
e parlò alla gente in tutte le piazze
e così vera politica era la sua
e così viva e bella
che la gente si affacciò ai balconi
uscì di casa dove per noia giaceva addormentata
e disse:
« Io giocavo con il cerchio
io a palla prigioniera
io giocavo al mondo
io giocavo col secchiello
e la paletta
io giocavo ai genitori
io giocavo a nascondino
io giocavo con la bambola
io giocavo con l’ombrello
io con il mio fratellino
io con la mia sorellina
io lavoravo ma erano tutti ladri
e non c’erano più le guardie erano tutte allo stadio
ma adesso basta adesso basta
adesso vogliamo giocare alla democrazia
adesso vogliamo cambiare l’aristocrazia»
E l’uomo continuò a parlare
e andò
per città per giardini e piazze
parlando a tutta la gente che voleva
ascoltare
dopo di che alcuni si unirono
e fecero una lista tutti quanti
sennonché
il primo parlò di destra
il secondo di sinistra
il terzo di centro
il quarto sinistra- centro
il quinto centrodestrasenzatrattino
e poi cominciarono a parlare a parlare
parlare parlare parlare
la politica non si sentiva più
e tutto quanto andò a ricominciare!

P.s. la poesia di Prévert è possibile leggerla qui:
http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-in-lingua-straniera/poesia-69406

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